Laureati, laureandi o ...
Ho la fortuna di lavorare già da diversi anni in un ambiente che molte volte mi permette di sperimentare cose totalmente nuove. A causa (o grazie) di avere a che fare alle volte con novità assolute, per me o in generale per il mondo informatico, mi è capitato di conoscere molta gente che ha collaborato con me. Tutta questa mia “esperienza” ha permesso di farmi un’opinione su ciò che propone oggigiorno il mondo del lavoro, nelle forze messe in campo e nella conoscenza media informatica dei cosiddetti addetti ai lavori.
L’informatica è “tanta”, non si può sapere tutto di tutto per quanto lo si possa desiderare e ci si voglia provare, ed è giusto specializzarsi ognuno nel campo che più preferisce o che gli permette di ragranellare di che campare fino alla fine del mese. Il fatto è che in queste mie esperienze di collaborazione sono venuto a contatto sia con laureati che non, e non sempre ne sono rimasto soddisfatto in ambo i casi. Ho conosciuto diversi laureati a cui, come mi piace dire, non affiderei neanche la mia calcolatrice scientifica (capiamoci! Io non la so usare per niente!), viceversa ho conosciuto non laureati che mi hanno colpito per la loro preparazione e che si sono conquistati la mia fiducia lavorativamente parlando. Non voglio dire che l’università non serva, anzi! Mi vanto del fatto che, pur non essendo (ancora) laureato, la mia esperienza formativa universitaria mi ha dato un insieme di conoscenze ed una forma mentis che, unite alla mia esperienza lavorativa, mi dovrebbero (spero!) permettere di essere un discreto sistemista. Però se dovessi scegliere puramente a pelle con chi lavorare, presentandosi davanti a me un laureato di primo pelo e un non laureato con un po’ di bianco fra i capelli, sono sicuro che mi sentirei in imbarazzo.
Le persone escono dall’università sicuramente con un ottimo bagaglio di nozioni, ma che alle volte sono incatenate ad ideologie o a concetti talmente vetusti da risultare quasi inutili quando ci si trova nel mondo reale. Quello che voglio dire, senza voler sembrare paternalista, è che sicuramente l’università ci deve insegnare quello che effettivamente ci sarà utile, ma nel contempo dobbiamo essere noi, con spirito di avventura e curiosità, a non fermarci alle quattro cose che ci permetteranno di superare un esame. Capisco che il tempo libero è quello che è, e che abbiamo tutti voglia di divertirci, ma ritagliarsi un po’ di tempo per sperimentare qualcosa che non abbiamo mai fatto, giusto per farlo, è forse il modo migliore per accrescere le nostre conoscenze e quindi essere ben più preparati quando affronteremo il mondo del lavoro. Tengo a precisare che ho conosciuto anche molti laureati con cui mi sono trovato bene o con cui lavorerei volentieri, e che questa fortunatamente è la regola e non l’eccezione, ma vi posso assicurare che queste persone mi hanno colpito per le loro capacità e studi personali compiuti, non perché avevano un curriculum universitario di tutto rispetto. Java è insegnato da noi, è fra i linguaggi più richiesti, ma non mi serve una persona che conosca a memoria tutte le classi, quelle me le cerco con Google, di contro pretendo che se devo collaborare con un programmatore quello deve essere in grado di fare voli di fantasia e risolvermi problemi in modi efficienti, ed una tale capacità o ce la dà madre natura o ci viene solo facendo molta esperienza. Quindi ragazzi, studiate (e a ridaglie col paternalismo!), ma se prendere un paio di punti in meno in un esame di analisi, non me ne vogliano i professori, vi permetterà di poter dire “si, ma io ti so clusterizzare oracle sotto linux”, direi che il gioco vale la candela.